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14.01.2021
Notiziario statistico Ustat: Meteorologia, Ticino e Svizzera, dicembre 2020
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13.01.2021
I Servizi del Gran Consiglio hanno provveduto a pubblicare l'Ordine del Giorno della seduta plenaria del 25 gennaio prossimo
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16.12.2020
Prova annuale delle sirene d’allarme 2021
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15.12.2020
Notiziario statistico Ustat: Monitoraggio congiunturale, andamento e prospettive di evoluzione dell’economia ticinese, dicembre 2020
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11.12.2020
Notiziario statistico Ustat: Meteorologia, Ticino e Svizzera, novembre 2020
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09.12.2020
Notiziario statistico Ustat: Le transazioni immobiliari in Ticino nel terzo trimestre 2020
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02.12.2020
I Servizi del Gran Consiglio hanno proceduto alla pubblicazione dell'ordine del giorno della seduta parlamentare del 14 dicembre 2020
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19.11.2020
Notiziario statistico Ustat: Indagine congiunturale alberghi e ristoranti, Ticino, ottobre 2020
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13.11.2020
Notiziario statistico Ustat: Indagine congiunturale commercio al dettaglio, Ticino, ottobre 2020
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11.11.2020
I Servizi del Gran Consiglio hanno proceduto alla pubblicazione dell'ordine del giorno della seduta parlamentare del 23 novembre 2020
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LE FIRME DEL CAFFÈ
NUMERI di Loretta Napoleoni
La censura dei social
pericolo per la democrazia
pericolo per la democrazia
Loretta Napoleoni
Fino all’ultimo la presidenza Trump sbigottisce. Nel giro di pochi giorni il presidente ha parlato ad una folla di esaltati, ribadito di aver vinto le elezioni e quindi di essere vittima di una frode elettorale; invigorita, la folla ha assaltato il congresso; due giorni dopo lo stesso congresso ha messo sotto processo il presidente per la seconda volta. C’è da chiedersi cosa ancora debba succedere, quale surreale evento potrebbe verificarsi prima del 20 gennaio, giorno dell’investitura di Biden.
Al di là dei colpi di scena degli ultimi giorni, se vogliamo fare un bilancio degli ultimi quattro anni l’eredità politica di Trump va cercata nel trionfo delle fake news, le notizie false, la propaganda più bieca, la menzogna e cioè nei social media. L’immagine che è emersa dalle votazioni per l’impeachment è quella di una nazione spaccata in due su temi sociali come l’immigrazione e le forze dell’ordine. Il motivo? L’interpretazione, e spesso anche la manipolazione dei fatti da parte dei social. Il responsabile di questa pericolosa polarizzazione di opinioni non è Donald Trump, ma la penetrazione dei social media nella vita quotidiana degli americani.
Trump ha soltanto cavalcato questa tigre: ha vinto le elezioni del 2016 grazie alla manipolazione dei social da parte della sua macchina elettorale, ha governato per quattro anni attraverso Twitter, strumento utile anche per diffondere un’immagine falsa di sé e della sua presidenza. Dulcis in fundo la presunta frode elettorale del 2020. Nell’ultimo miglio, però, il presidente è stato disarcionato. Dopo l’assalto al congresso, Twitter ha chiuso il suo account ed uno ad uno gli altri social gli hanno messo il bavaglio.
A prima vista la decisione di mettere a tacere il presidente degli Stati Uniti, ed in particolare questo presidente, potrebbe apparire saggia. Tuttavia dopo un’attenta riflessione su chi sono i social: imprese private, gestite da consigli di amministrazione il cui scopo è massimizzare i profitti; e sulla loro funzione: dar voce a tutti e quindi divulgare insieme alle notizie vere anche quelle false, la censura dei social fa riflettere sull’impellente necessità di togliere ad imprese private un potere che in democrazia spetta solo allo stato ed, in ultima analisi, ai suoi cittadini.
Al di là dei colpi di scena degli ultimi giorni, se vogliamo fare un bilancio degli ultimi quattro anni l’eredità politica di Trump va cercata nel trionfo delle fake news, le notizie false, la propaganda più bieca, la menzogna e cioè nei social media. L’immagine che è emersa dalle votazioni per l’impeachment è quella di una nazione spaccata in due su temi sociali come l’immigrazione e le forze dell’ordine. Il motivo? L’interpretazione, e spesso anche la manipolazione dei fatti da parte dei social. Il responsabile di questa pericolosa polarizzazione di opinioni non è Donald Trump, ma la penetrazione dei social media nella vita quotidiana degli americani.
Trump ha soltanto cavalcato questa tigre: ha vinto le elezioni del 2016 grazie alla manipolazione dei social da parte della sua macchina elettorale, ha governato per quattro anni attraverso Twitter, strumento utile anche per diffondere un’immagine falsa di sé e della sua presidenza. Dulcis in fundo la presunta frode elettorale del 2020. Nell’ultimo miglio, però, il presidente è stato disarcionato. Dopo l’assalto al congresso, Twitter ha chiuso il suo account ed uno ad uno gli altri social gli hanno messo il bavaglio.
A prima vista la decisione di mettere a tacere il presidente degli Stati Uniti, ed in particolare questo presidente, potrebbe apparire saggia. Tuttavia dopo un’attenta riflessione su chi sono i social: imprese private, gestite da consigli di amministrazione il cui scopo è massimizzare i profitti; e sulla loro funzione: dar voce a tutti e quindi divulgare insieme alle notizie vere anche quelle false, la censura dei social fa riflettere sull’impellente necessità di togliere ad imprese private un potere che in democrazia spetta solo allo stato ed, in ultima analisi, ai suoi cittadini.
16-01-2021 21:30
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