Quando le famiglie sommergono di corsi i loro figli
Bambini, così piccoli
e così super impegnati
CLEMENTE MAZZETTA
Bambini sempre più impegnati, sempre più stressati. Con un’agenda a sei anni degna del più occupato professionista in carriera. Oltre alla scuola, "costretti" a seguire corsi di ippica, danza, violino,inglese, canto... E poi nuoto, yoga, tennis, atelier di pittura creativa, arte... Seguendo più l’inclinazione dei genitori che le loro autentiche passioni. Con una vita che diventa una corsa continua fra un impegno e l’altro. Piccoli Charlie Chaplin di "Tempi moderni" travolti da un ingranaggio fitto di impegni di ogni tipo. Uno stress. "Non solo per loro anche per noi genitori - osserva Dorella Bonaldi, 48 anni, due figli di 12 e 9 -. Conosco famiglie che non hanno a casa neanche una sera a settimana i figli. Sempre in giro a fare corsi". E spiega la sua ricetta: "Sia io che mio marito non li abbiamo mai spinti a fare nulla. Hanno scelto loro".
Insomma, i bambini devono ancora avere il tempo per giocare e divertirsi, non dover sempre essere impegnati a fare qualcosa. "Già la scuola è molto pesante, lo vedo con mio figlio David, il più grande - riprende Bonaldi -. Ha dovuto lasciare unihockey perché per arrivare agli allenamenti doveva correre come un matto. Così, adesso va allo stand di tiro".
Il tempo libero di un bambino non è assolutamente una perdita di tempo. Eppure, ancora molte famiglie giudicano male ciò che non è produttivo, non formativo. Un fenomeno che ha spinto Pro Juventute a lanciare una campagna di sensibilizzazione: "Meno pressione, più infanzia". Perché ormai l’ansia da prestazione fa parte del mondo infantile. Le aspettative nei confronti dei bambini aumentano sempre di più. E iniziano sempre prima. Tanto che la realtà quotidiana di molti bambini è diventata troppo stressante. Un danno per la salute: stando ai dati più recenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, in media un undicenne su tre nei Paesi industrializzati soffre di disturbi del sonno. "Oggi fin dalla più tenera età si sottopongono i figli a corsi di inglese, come se tutti dovessero saper leggere Shakespeare; sembra che senza inglese non si va da nessuna parte - dice Ilario Lodi, direttore di Pro Juventute Svizzera italiana in prima fila in questa campagna di sensibilizzazione e di presa di coscienza sui diritti dell’infanzia -. Le famiglie sono così sotto pressione che sono quasi condannate a rincorrere questi corsi. Se non lo fanno si sentono in colpa, come se non mettessero i figli nelle condizioni di ottenere sempre il meglio. Vittime di una pressione sociale indotta da una cultura del successo che non lascia più spazio al gioco libero, alla spensieratezza".
Certo, alla base ci stanno le buone intenzioni, il volere sempre e solo il meglio per i figli. Ma da qui a organizzare sino all’ultimo minuto le giornate dei bambini fin nei minimi dettagli ce ne corre. "Con la nostra campagna - riprende Lodi -, vogliamo appunto proprio sottolineare questo problema e richiamare i genitori a non farsi soggiogare, a considerare il gioco fondamentale per lo sviluppo psico-fisico dei bambini. A sentirsi liberi di organizzare il tempo libero dei loro figli in sintonia con i tempi della crescita. Ricordo che fino agli anni 70 la maggior parte dei bambini trascorreva il tempo libero all’aria aperta, con tre, quattro ore di movimento al giorno in modo indipendente e senza sorveglianza. Oggi questo tempo senza sorveglianza si è ridotto mediamente a mezz’ora&discReturn;".
Come non dar ragione a Katja Wiesendanger, direttrice di Pro Juventute Svizzera, la quale sostiene che "i ragazzi saranno meglio equipaggiati per il futuro se potranno riprendersi il tempo per vivere la loro infanzia". r.c.
05.11.2017